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Educazione alimentare: a Torino il confronto con gli esperti
In un’epoca in cui le abitudini alimentari influenzano profondamente la salute e il benessere delle nuove generazioni, l’educazione alimentare si conferma una competenza fondamentale da promuovere tempestivamente e quotidianamente.
Numerosi esperti individuano proprio nei comportamenti alimentari scorretti uno dei principali fattori di rischio per molte delle patologie croniche più diffuse in Italia. Per questo motivo, l’impegno sul fronte dell’educazione alimentare diventa una priorità, da affrontare con un approccio sistemico che favorisca la diffusione di una vera cultura alimentare.
Per contribuire alla diffusione di una corretta cultura in materia, ieri pomeriggio, nella splendida cornice della Sala delle Feste di Palazzo Madama, si è tenuta l’iniziativa “Nutrirsi bene, vivere meglio: l’educazione alimentare che fa la differenza”.
L’evento, organizzato dalla Città di Torino, nell’ambito delle attività di co-progettazione con le aziende gestori del servizio di ristorazione scolastica, ha visto l’apertura dell’assessora alle Politiche educative Carlotta Salerno: “Il rapporto tra cibo, salute e società è un tema oggi più che mai cruciale e l’educazione alimentare è il punto di partenza per incoraggiare fin da subito l’assunzione di comportamenti più consapevoli a tavola. Il cibo è piacere, convivialità, memoria, affetto, emozioni ed organizzare un evento pubblico e gratuito sull’argomento è la dimostrazione che la Città considera l’educazione alimentare come uno degli elementi fondanti attorno a cui ruota il servizio di ristorazione scolastica. Un ringraziamento alle autorevoli voci esperte del settore per aver accolto il nostro invito a questo evento in cui, ancora una volta, abbiamo messo al centro il benessere delle bambine e dei bambini.”
L’iniziativa ha poi visto il susseguirsi degli interventi di autorevoli esperti del settore, tra cui la professoressa Antonella Viola, biologa e divulgatrice scientifica, il dottor Rinaldo Rava, Vice Presidente dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, e la dottoressa Serena Milano, Direttrice Generale di Slow Food Italia. A moderare il dibattito Carmine Festa, caporedattore dell’edizione torinese del Corriere della Sera.
Attraverso il loro contributo, sono state approfondite le buone pratiche alimentari, i rischi legati a una cattiva alimentazione e le strategie utili per promuovere la prevenzione e il benessere, individuale e collettivo, facendo dell’evento un’occasione importante per riflettere insieme sull’importanza di un’alimentazione sana come chiave per una vita migliore.
Secondo quanto sottolineato dalla professoressa Viola, negli ultimi vent’anni si è consolidata con sempre maggiore evidenza la consapevolezza di un legame profondo tra alimentazione e salute. “Un rapporto – ha spiegato – che si fonda su diversi pilastri fondamentali. Il primo riguarda la quantità di cibo che consumiamo. L’eccesso calorico, infatti, si traduce in accumulo di tessuto adiposo, un tessuto tutt’altro che inerte, capace di comunicare con l’organismo e in particolare con il sistema immunitario, innescando reazioni nell’organismo che rappresentano una delle principali cause delle malattie tipiche delle società occidentali. Ma non è solo una questione di quantità: anche la qualità di ciò che si mangia ha un ruolo centrale”. La professoressa ha ricordato che il palato è educabile e che, con piccoli accorgimenti, si possono ottenere cambiamenti significativi, responsabilizzando però anche l’industria alimentare in questo percorso. Altri due aspetti chiave sono legati al momento in cui si mangia – preferibilmente durante le ore diurne – e al valore sociale del pasto, da consumare in compagnia. Infine, ha evidenziato come le condizioni socioeconomiche e culturali influenzino profondamente la qualità dell’alimentazione, motivo per cui è indispensabile affrontare le disuguaglianze e investire con decisione in un’educazione alimentare capillare ed efficace.
La dottoressa Milano ha sottolineato con forza il ruolo centrale della mensa scolastica, considerandola non solo un servizio, ma uno strumento essenziale di educazione culturale. A suo avviso, la diffusione nei carrelli della spesa di cibi ultraprocessati e privi di reale valore nutrizionale rivela un problema culturale profondo che riguarda l’intero sistema alimentare. “In molte famiglie – ha affermato – la mensa rappresenta l’unico momento della giornata in cui i bambini possono accedere a un pasto equilibrat, un dato che mette in luce la sua potenziale funzione sociale ed economica. Con la sua forza contrattuale e i suoi volumi, la mensa scolastica potrebbe persino influenzare positivamente l’agricoltura locale, orientandola verso modelli più sostenibili”. Diverse città, ha poi osservato, stanno già lavorando per ristabilire un legame tra la città e le campagne circostanti, promuovendo l’utilizzo di prodotti di prossimità, anche se il percorso è tutt’altro che semplice. Il cibo a basso costo, ha anche ricordato, nasconde un prezzo ambientale altissimo, inquinando suolo, aria e acqua, mentre un’alimentazione legata alla stagionalità e al territorio non solo è più sana, ma racchiude valori profondi, come convivialità, memoria ed emozioni.
Il dottor Rava ha messo in luce come il tema del cibo tocchi dimensioni profonde dell’identità, della socialità, dei riti e dei modi di abitare il mondo. A suo avviso, la scelta di molti giovani di iscriversi all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo nasce dalla crescente consapevolezza che il sistema attuale non sta funzionando come dovrebbe. “Il fatto stesso che oggi si senta il bisogno di parlare di educazione alimentare – ha osservato – è il segnale evidente di un problema culturale; un tempo il cibo era parte integrante e naturale della quotidianità, e l’accesso a prodotti sani e nutrienti era molto più semplice. La sfida oggi è complessa e non può essere demandata unicamente al sistema produttivo; serve un’azione congiunta che coinvolga anche la politica e le imprese”. A Pollenzo, ha poi illustrato, si lavora proprio su questo fronte: dalla ricerca di alternative naturali a ingredienti problematici fino allo sviluppo di pratiche di economia circolare. “In questo percorso – ha concluso – è cruciale che ricerca e politica collaborino, fornendo strumenti e incentivi concreti per accompagnare il cambiamento e generare un impatto reale”.
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